Quale è il modo giusto di chiamare le analisi del particolato e delle particelle estratte dopo la pulizia tecnica dei componenti?
C’è un modo corretto per chiamare le operazioni che comprendono estrazione delle particelle dopo lavaggio, filtrazione Millipore, analisi gravimetrica, conteggio e misurazione del residuo, valutazione del grado di sporco?
Per risponderti ti riporto alcuni brani tratti dall’unico libro in lingua italiana dedicato ai test di laboratorio sulla pulizia tecnica dei componenti industriali:
“Prova di Pulizia, Viaggio alla scoperta del Cleanliness test” scritto dai fondatori dell’unico laboratorio accreditato che consegna i report in 24 ore: Elisabetta Ruffino e Paolo Pollacino.
Ma da dove viene, tutto quel bianco? Ovvero: in cosa consiste la prova di pulizia?
Intanto partiamo col dire che ci sono diversi modi per indicare la prova di pulizia.
In inglese come al solito è tutto più semplice, si parla di cleanliness test e tutti sono d’accordo sul significato.
In Italia potrai sentire parlare di test di contaminazione, test di decontaminazione, prova di pulizia, livello di pulizia, livello di sporco, prova di pulizia tecnica.
La determinazione della pulizia dei componenti viene realizzata su qualunque materiale. Come abbiamo anticipato, è diventata una prova molto richiesta in svariati settori.
Dall’automotive al medicale, all’elettronica industriale, passando per le macchine agricole e per il movimento terra e l’aerospaziale, questi settori non possono fare a meno di conoscere l’effettivo livello di pulizia dei componenti, perché in sistemi sempre più performanti una piccolissima particella di sporcizia può recare danni enormi al motore di una super car, alle centraline elettroniche, alle turbine di un aereo, al sistema di condizionamento o all’impianto frenante.
Quando è nata, la prova di pulizia tecnica?
L’esigenza di capire quale sia il grado di contaminazione di un componente è sorta in ambito automotive negli anni ’90.
In quel periodo, infatti, venivano introdotti i primi sistemi di iniezione common rail nei motori diesel.
Questo tipo di tecnologia, oggi diffusa su qualunque motore a gasolio, richiede la presenza di pompe che lavorano ad altissima pressione, e iniettori capaci di polverizzare il carburante attraverso dei fori di dimensioni dell’ordine del diametro di un capello.
In questo tipo di tecnologia, è comprensibile quindi che l’assenza di residui e contaminazioni sia cruciale, per garantire affidabilità e durata nel tempo.
L’analisi che permette di determinare la quantità e la dimensione delle particelle di contaminante presenti su un componente non è per nulla banale, considerando l’entità microscopica dei residui da raccogliere ed analizzare.
Come si fa?
Il componente di cui deve essere valutato il grado di pulizia, viene risciacquato con un liquido apposito o mediante ultrasuoni. Esistono poi metodi di estrazione del residuo meccanici, per esempio tramite martellatura, ma i più diffusi prevedono il lavaggio in una soluzione liquida o mediante ultrasuoni.
Il liquido rimuove le particelle dalle superfici del componente; successivamente viene filtrato mediante un filtro a membrana con pori molto fini.
Il particolato depositato, dopo un processo di asciugatura, viene essiccato.
Dopodiché si procede a pesarlo: si ha così quella che in gergo tecnico si chiama la determinazione gravimetrica del contaminante secondo la norma ISO 16232. Il particolato viene quindi sottoposto ad un’analisi dimensionale e al conteggio, in modo da determinare la distribuzione volumetrica delle particelle.
I punti essenziali della determinazione del grado di contaminazione sono dunque due: l’estrazione del particolato e l’analisi mediante gravimetria e conteggio dimensionale.
Nella nostra Area Bianca i tecnici MotivexLab utilizzano per l’estrazione del particolato un cabinet di ultima generazione, con sistemi esclusivi brevettati dal costruttore.
Il cabinet si caratterizza per la presenza di un sistema di purificazione dell’aria per creare un’atmosfera controllata e un sistema di filtrazione integrato del liquido.
Dispone inoltre di estrazione mediante risciacquo a pressione e mediante ultrasuoni, i cui parametri sono controllati da computer.
Solo la presenza di un cabinet permette estrazioni certe e ripetibili, perché tutti i parametri tipici (quantità di liquido di estrazione, tempo e portata) vengono programmati mediante il sistema computerizzato, mentre la presenza della camera bianca garantisce la completa assenza di contaminazione ambientale.
Senza l’utilizzo del cabinet, l’estrazione avviene invece con metodi molto rudimentali. Si vedono apprendisti stregoni che utilizzano spruzzette e bacinelle, operando ovviamente in un ambiente non controllato che permette qualsiasi tipo di contaminazione occasionale.
In quelle condizioni, cioè in assenza di cabinet e di camera bianca, il risultato di una prova non può essere accurato.
Il secondo elemento essenziale per la determinazione della contaminazione è il sistema di analisi dimensionale e conteggio.
E anche qui se ne vedono delle belle. Se qualcuno procede ancora con un conteggio manuale (a dir poco approssimativo), MotivexLab ha un sistema per la determinazione quantitativa e qualitativa delle particelle che ci fa dire, con orgoglio: signori, benvenuti nel futuro.
